Nel 2019 ho organizzato una conferenza di due giornate, l’intento era quello di spostare l’asse della questione randagismo da un problema puramente sanitario e gestionale ad aspetti più sociali. Il fenomeno del randagismo è un fenomeno prettamente culturale (naturalmente anche economico, ma ancora una volta mi viene da dire che anche qui ci sono molte sfaccettature).
La conferenza prese il nome di “SO di CANE”, un titolo suggeritomi involontariamente da un amico – che è poi stato anche uno dei relatori – Davide Majocchi (responsabile del canile di Gallarate, nonché regista del docufilm “NO PET”).
La vita mi ha portato tempo fa ad incontrare Davide, è nato tra noi un legame molto profondo di stima e amicizia, cosa della quale non smetterò mai di essere grato. Quel giorno ci trovavamo io, Davide, Elena Garoni e Michele Minunno (quello che ho detto in merito a Davide vale anche per loro due) intorno ad un tavolino in un parco, a bere una birra, e Davide disse: “Voglio fare ua maglietta con la scritta: SO DI CANE!”, siamo scoppiati tutti quanti a ridere. Geniale. Quanto c’è in quella semplice affermazione; quanto può rappresentare persone come noi che da una vita intera stiamo immersi nel mondo del cane tra canili, campi, scuole cinofile e, soprattutto, nelle nostre rispettive famiglie, dove il cane (o più cani contemporaneamente) sono sempre stati una presenza alquanto invadente e determinante nelle scelte di vita. Sì – inevitabilmente – io SO DI CANE: c’è sempre un peletto, una macchietta, un’impronta su di me, in un modo o nell’altro se si viene in contatto con uno di noi, si viene in contatto con il mondo del cane. E prima o dopo, come mi ha mostrato a chiare lettere la vita, chi sa di cane si incontra. C’è una sorta di calamita, e basta un minimo di attenzione intorno a sé, un pizzico di apertura mentale, e il gioco si fa da sé.

Così dissi a Davide che trovavo geniale quella sua intuizione e che le magliette le doveva fare assolutamente. Ma gli chiesi anche il permesso di utilizzare quelle parole perché avevo in mente di organizzare una conferenza. Lui ne fu entusiasta.

Insieme a Elena e Davide stilammo la lista di persone che reputavamo importanti per questo progetto e venne fuori la lista dei relatori. Michele Minunno non poté essere dei nostri a causa di innumerevoli impegni che già aveva calendarizzato tra conferenze e seminari in Italia e all’estero, ma era con noi, ci sosteneva, e per me questo fu importante. Ci siamo ripromessi che l’edizione successiva non sarebbe dovuto mancare (probabilmente aprile 2021).

I RELATORI
Stabilii che il mio ruolo sarebbe stato quello dell’apripista, avrei con il mio intervento aperto le danze, scaldato i motori, per così dire. Avrei tracciato un solco intorno al quale gli altri relatori avrebbe portato le loro conoscenze e le loro storie. Il titolo del mio intervento: Cani, migranti involontari. Il tema trattato è quello delle “staffette”, fenomeno largamente diffuso, la cui origine si può far risalire all’avvento nel mondo animalista dei Social Network, soprattutto di Facebook e Intagram. Fenomeno che un paio di anni fa ha catturato la mia attenzione, mi ero reso conto che ne sentivo di tutti i colori e faticavo a farmi un’opinione chiara e definita (per questo invito anche a seguire i video-documentari sul mio canale CANILE 3.0 dove se ne parla in varie interviste).

Gabriele Ferlisi
: ho incontrato il dottor Ferlisi anni fa, quando mi trovavo in Puglia per scattare delle fotografia ai cani sul territorio, per cogliere alcuni aspetti delle loro interazioni, immagini che poi sono state pubblicate dalla casa editrice TEA nei libri di Simone Dalla Valle (amico e collega da anni). Avevo chiesto la collaborazione a Michele Minunno, esperto di studio e osservazione del comportamento del cane, per essere accompagnato dove poter incontrare i gruppi di cani. Tra una spedizione e l’altra seguii un paio di sue consulenze e fu proprio in una di queste che conobbi Ferlisi. Diventammo amici e partecipammo insieme ad un importante evento presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Bari. Mi sono detto: “Il suo contributo e le sue ricerche sono fondamentali per il nostro progetto”, e così l’ho chiamato subito per invitarlo. Il titolo del suo intervento è: La relazione d’aiuto: agire con consapevolezza. Motivazioni altruistiche ed egoistiche nella relazione con l’altro.

Raffaele Mantegazza: parlando saltò fuori il nome del professor Mantegazza. Elena Garoni mi disse che lo aveva conosciuto, entrambi erano stati invitati a tenere una breve conferenza in quel di Genova. “È una persona eccezionale!” Mi disse, e tanto bastava per convincermi a contattarlo – grazie Elena, ti sono infinitamente grato anche per questo incontro! Andai a rovistare nella mia memoria perché quel nome non mi era affatto nuovo, ci misi poco a ricordare il perché lo avevo già sentito, e la risposta era – come molto spesso accade – nella mia libreria. Avevo ben due titoli che portavano il suo nome in copertina, letti – e apprezzati moltissimo – anni addietro. Ah, gli andirivieni della vita! (Qui il suo ultimo libro). Lo contattai e fu molto lieto di partecipare all’iniziativa, ci conoscemmo così di persona e ci fu subito un ottimo feeling tra di noi. Chiacchierammo un po’ in merito al rapporto tra educazione dei giovani e gli animali. Era nata un’amicizia che spero tanto la vita mi consenta di coltivare. Il titolo del suo splendido intervento: Dare voce ai senza voce: perché occuparsi della natura ferita?

Sara Turetta: Quando penso al coraggio, alla passione e alla perseveranza mi viene in mente il suo nome. Non ci eravamo mai incontrati prima della conferenza ma conoscevo il suo lavoro, conoscevo naturalmente Save the Dogs and Other Animals, un’impresa titanica per una sola persona, un progetto concreto che è lì a testimoniare che “È davvero possibile!”. Non potevo non invitare Sara alla prima edizione di SO DI CANE, sarebbe mancato qualcosa di fondamentale. Il suo è uno di quegli interventi che ti lasciano a bocca aperta, che ti mettono a dura prova, raccontato con tanta genuinità e senza fronzoli inutili. Concreto. Duro. Perché la vita sa essere dura, ma certe persone sanno essere anche più dure della vita. Il suo racconto intimo ha molto da insegnare e da far riflettere sul ruolo di ognuno nel mondo. Sono certo che le sue parole, la sua voce, mi resteranno impresse nella mente per molto, molto tempo e spero sappiano ispirare il lettore così come ispirano me. Il titolo del suo intervento: Save the Dogs: 16 anni di un progetto integrato di contrasto al randagismo nel Sud-Est della Romania.

Dott.ssa Elena Garoni: non posso scrivere qui cosa mi lega a lei, potrei scriverci un libro. Ci siamo conosciuti quasi vent’anni fa. Veniamo tutti e due dal canile, e ancora oggi ci siamo dentro fino al collo, in modo diverso, ma sappiamo ancora di cane. Elena è parte di una sorta di famiglia e il suo lavoro e la sua professionalità sono un pilastro centrale nell’anima di questo progetto. È un medico veterinario comportamentalista, capace, di grandissima esperienza e grande sensibilità. Nel suo lavoro quotidiano nell’aiutare i cani in difficoltà si è resa conto di un grande cambiamento, ad un certo punto i conti non tornavano più come prima. Si è messa in discussione, si è messa a studiare ancora una volta e ha seguito il suo intuito. Il suo intervento lancia una sfida al mondo accademico, al mondo scientifico: “C’è qualcosa di nuovo qui che dobbiamo capire meglio, e forse dovremmo rivedere alcune delle nostre convinzioni…” Il suo intervento si intitola: Verso nord: da cane libero a paziente psichiatrico.
(Qui il suo libro)

Davide Majocchi: ho già detto di lui. Ma non mi basta. Il caso della vita ci ha fatto incontrare anni fa. Mi ha contattato, voleva che scrivessi un pezzo per una rivista antispecista. Accettai di buon grado, poi, per anni, non ci incontrammo più. Ci ritrovammo in canile, ed era come se ci conoscessimo da un tempo infinito. Credo che Davide sia una tra le persone più sensibili che io conosca, dalla vita carambolesca, molto lontana dalla mia, ma verso la quale provo un grande fascino. Davide è uno che sa ascoltare, e lo fa con molta concentrazione, dando importanza ad ogni parola che uno gli dice, con rispetto e genuino interesse. Ma sa anche raccontare. Mai superficiale, sempre “dentro” le cose. Quando mi raccontò del suo viaggio in Africa con Mission Rabies rimasi a bocca aperta. Io che non amo molto viaggiare ho viaggiato sulle sue parole. Mi invitò presso la sede della sua associazione (Lunacorre) per una serata nella quale proiettava le immagini di quel viaggio e raccontava le sue sensazioni e suggestioni quasi ancestrali che lo avevano così tanto toccato. Eravamo parecchi ad ascoltarlo, e ci emozionammo tutti. Un viaggio che ci riporta alle origini, che ci fa riflette sulla possibilità drammatica di avere forse perso molto della naturalità del rapporto con il cane, nostro compagno millenario. Il suo intervento: Afri-cani: in missione contro la rabbia nei villaggi tanzaniani.

David Morettini: conosco David dal 2006, a quel tempo si stava formando professionalmente presso una scuola nella quale insegnavo, la SIUA del dottor Roberto Marchesini. Molti anni dopo mi confessò che lo ispirai a frequentare il canile e da allora è diventato un grande esperto e un professionista coi fiocchi. Siamo amici da moltissimi anni ma ci frequentiamo poco, troppo poco, a causa dei nostri molteplici impegni lavorativi, che si sovrappongono sempre. Anche se a distanza ho seguito con molto interesse il suo lavoro, i suoi progressi e le sue iniziative. Sapevo che da qualche tempo portava in giro una conferenza che aveva come focus il fenomeno delle “staffette”. A quel tempo, parlo del 2016, cominciavo anche io ad interessarmene – come detto – e ardevo dalla voglia di seguire un suo seminario, ma non riuscivo a far coincidere il mio calendario con il suo. Alla fine, esasperato, lo chiamai direttamente e riuscimmo ad incontrarci. Seguì puoi un mio passaggio a Firenze, di rientro da un seminario a Roma, nel quale avemmo modo di approfondire il suo lavoro e le sue considerazioni. Fu da lì che mi entrai veramente in questo tema che ancora oggi mi impegna, e che lo farà – penso – per molto tempo ancora. Riuscii ad invitarlo alla conferenza, e non fu cosa facile, ma ci lega un profondo affetto e il suo desiderio di partecipare gli fece superare gli impedimenti. La sua esposizione è quella famosa conferenza che porta in giro da anni, alla quale non avevo mai assistito di persona, ma che ormai conoscevo per filo e per segno: Cani in transito o transito di cani?

Diana Letizia: tenni una lezione presso un corso per educatori cinofili organizzato da Valentina Biedi, un’istruttrice di Genova con la quale avevo già collaborato in passato. Tra gli allievi conobbi Diana, che catturò la mia attenzione con i racconti dei suoi viaggi in Marocco, prima con Stray Dog International Project, poi in modo indipendente accompagnata dall’amica Valentina Biedi. Mentre acquisiva competenze come educatrice cinofila poteva osservare anche con occhio giornalistico esperto quello che le accadave davanti. Ero estremamente interessato ai suoi racconti, e lo sono tutt’ora. È nata anche con lei una bella amicizia, aperta, sincera e con la voglia di capire e raccontare nella piena condivisione delle esperienze, senza ombre, con schiettezza e passione palpabile. La sua professionalità ed esperienza avrebbe portato al progetto di SO DI CANE una fetta di realtà importantissima, quella del mondo dell’informazione, dei giornali, quelli veri, e degli anfratti del web che possono trarre in inganno e distorcere gli eventi per assecondare, alle volte, il bisogno delle persone di sentire, più che di sapere. Il suo intervento svela alcuni aspetti del mondo della notizia che possono essere molto utili per mantenere lucidità di fronte alle narrazioni che si affollano ovunque, che possono confonderci e farci perdere la bussola. Costruirsi un’opinione su qualcosa richiede impegno e la capacità di sapersi districare in quel mondo complesso, ma alle volte non basta, bisogna alzarsi e partire. Proprio quello che a fatto lei e volevo che venisse a raccontarcelo. Il suo intervento: Raccontare le storie di cani e umani.
(Qui un suo romanzo)

Tutto questo è diventato un libro che consente a chi non ha potuto partecipare a quell’evento di poter “ascoltare” le parole di queste fantastiche persone

C’è ancora una persona che voglio assolutamente citare, che è stata la spina dorsale dell’organizzazione concreta dell’evento, della conferenza, che si tenne ad Assago il 13 e 14 luglio 2019. Una persona alla quale sono molto affezionato, che sa incoraggiarmi con la sua concretezza e con la sua capacità di far fronte alle difficoltà con estrema lucidità e spirito pratico. Giulia Pracchini è una cara amica, che ha fondato Milano Natura e che sa coniugare il suo amore per la vita – in tutte le sue forme – e la divulgazione. Senza il suo impegno tutto questo non sarei riuscito ad organizzarlo.

Spero che questo mio ultimo lavoro vi interessi e vi possa ispirare, e magari vi dia nuovi strumenti per potervi fare un’opinione vostra su qualcosa di grande e complesso che ci riguarda un po’ tutti quanti, noi appassionati di cani e umani.