Dovere; Sacrificio; Colpa…

Un giorno un amico, mentre si parlava di cani, uomini e società, non ricordo per quali vie traverse di quel discorso mi racconta un fatto che mi è rimasto impresso nella mente. Fatto che poi ho elaborato rimestando altre riflessioni passate e che fu stimolo per quelle future.

«Ebbene, tutto triste, quell’uomo mi dice: “Sono andato in pensione da un anno. All’inizio pensavo che finalmente avrei potuto godermi la vita, poi invece è arrivata la noia. Mi stufo tantissimo a non aver nulla da fare tutto il giorno e pensare che per tutta la vita [lavorativa], 35 anni, sai che cosa ho fatto? Ho avvitato piedini di frigoriferi in catena di montaggio. E adesso che sono a casa tutto il giorno, be’, mi manca…»

Il lavoro è lavoro!

Il lavoro nobilita l’uomo!

Il lavoro si deve fare!

Difficilmente si potrebbe obbiettare a queste cose. Tutti concordano su questo, o almeno la maggior parte delle persone. Ma cos’è il lavoro? Cosa si intende?

È diverso considerare per “lavoro” l’operosità dell’uomo oppure un dovere che richiede sacrificio. Il secondo caso va inteso come attività che si farebbe a meno di fare ma che si è obbligati a fare. Mi sono soffermato su questa riflessione, sul senso del dovere e l’ho fatto studiando e osservando i cani mentre fanno le loro cose, sia da soli che con le persone.

Il tema è saltato fuori quando ho inteso che per le persone vi è una distinzione netta tra “gioco” e “lavoro” quando si parlava di cani. Solitamente sentivo dire al cane: “Libero! Vai a giocare!” in contrapposizione a “Vieni qui! Adesso lavoriamo un po’!”

La prima affermazione, l’invito ad andare a giocare, era intesa come “Vai a fare quello che vuoi, sei libero dal lavoro”, la seconda “Adesso è tempo di impegnarsi e stare seri, devi obbedire a prescindere dal fatto che tu abbia voglia o meno di farlo!”

Nella vita non si può sempre fare ciò che si vuole!

Pensando a queste cose mi sono chiesto se abbia senso parlare di “Senso del Dovere” in relazione al cane; per poi chiedermi la stessa cosa in merito agli altri animali non umani. Ho pensato alle varie attività nelle quali solitamente i cani sono coinvolti dall’uomo, diciamo pure a livello lavorativo, per esempio: Un border collie che raduna un gregge di pecore, lo fa perché deve o perché vuole?  Un pointer che fiuta e va a caccia? Un maremmano che protegge il gregge? Un Labrador che recupera qualcosa in uno specchio d’acqua?

Un leone, quando caccia una gazzella, farebbe volentieri a meno di farlo?

Avvitare piedini dei frigoriferi per una vita intera è paragonabile ad una qualunque di queste attività e ciò che le motiva?

Il cervello umano, la cosa che probabilmente ci caratterizza in assoluto, la nostra dote peculiari, se paragonata alle doti delle altre forme di vita, verso cosa ci muove? Il suo potenziale quasi infinito può trovare appagamento in un’attività così ripetitiva e, francamente, poco entusiasmante? Come è possibile mettere una delle creature più complesse del pianeta da un punto di vista cognitivo, quale è l’Homo sapiens sapiens, a fare una cosa del genere per così lungo tempo? Oltretutto in modo volontario, senza la necessità di costringerlo per esempio con la forza?

In cambio c’è il denaro. Poco, per un’attività come fare l’operaio in catena di montaggio, ma sufficiente per sopravvivere – o quasi, visti i tempi che corrono. La sopravvivenza è dunque il centro della questione? Eppure quella persona, e molti come lui, una volta liberato definitivamente dall’impegno non sembra essere più felice e appagato. Penso allora al leone di cui sopra, ma non quello libero nella savana che si procura di che sopravvivere tra mille difficoltà, ma a quello rinchiuso in una gabbia allo zoo: È più felice?

In fondo non ha bisogno di fare nulla per procurarsi “la gazzella”. Gli viene servita bell’e pronta. La sopravvivenza gli è garantita dal lavoro di altri. Se fosse la sopravvivenza il tema centrale allora tutti si dovrebbe auspicare una prigione dorata nella quale starsene in panciolle tutto il giorno senza far nulla di nulla ed essere serviti, sprofondando inesorabilmente nell’inedia…

Quello che farebbe un leone, una gazzella, un ragno, un’ape, una mosca, un licaone, un avvoltoio, uno scimpanzé, eccetera nel suo ambiente naturale se libero di agire, grosso modo, lo so. E l’uomo? Cosa farebbe?

Cosa ci dà piacere? Cosa abbiamo veramente voglia di fare? Cosa faremmo se fossimo liberi dal giogo del lavoro? Come impiegheremmo quei miliardi di miliardi di sinapsi di cui andiamo così tanto orgogliosi?

Chiediamoci: Io, cosa farei, veramente?

(to be continue…)