Ci si impegna per anni, lavorando duramente, rodendosi il fegato, soffrendo per gli insuccessi, logorandosi sotto lo sforzo profuso per andare avanti caparbiamente, convinti di poter fare qualcosa, di poter cambiare, o almeno scalfire il muro di ignoranza, insensibilità e superficialità che ci si para imponente davanti. Anni dedicati alla rivalutazione del rapporto uomo cane, al mettere in risalto il bisogno che l’uomo ha della relazione con l’alterità animale, ingrediente fondamentale, anzi vitale, per la nostra specie da che esiste. Impegno profondo, a più livelli, a 360 gradi; e le promesse fatte a creature che ingiustamente sono state rinchiuse, scacciate dalle case, magari solo perché ogni tanto fanno la muta; promesse che in cuor nostro non possono non essere fatte perché sono il reale carburante che ci sprona, il reale movente, il nutrimento che ci fa le spalle grosse: Ti ridarò una famiglia!
Sgretolare la convinzione che il cane sia uno strumento, un surrogato di una macchina (che mai avremo l’ingegno di costruire), che sia una creatura la cui esistenza è giustificata solo da una funzione o da un capriccio, che sia un suppellettile, un ninnolo alla moda, che sia una sorta di untore sozzo, latore di infezioni e malattie tremende per l’uomo, la convinzione che infondo sia lui il male peggiore del nostro mondo. Anni che passano, che ci invecchiano e ci fiaccano, anni nei quali i successi di cui gioire sono di gran lunga inferiori agli insuccessi, agli stravolgimenti che in un attimo riportano tutto indietro, come se nulla fosse mai stato fatto.
Permettetmi un po’ di sconforto, un lieve tentennamento, un vacillamento dopo gli eventi degli ultimi giorni. C’è da chiedersi se per tutto quanto fatto ne sia veramente valsa la pena quando basta che qualcuno, nella stanza dei bottoni, anche fosse l’ultimo arrivato, il meno preparato sull’argomento al quale non ha dedicato che qualche superficiale e sparuto pensierino, possa cancellare tutto quanto, per esempio riproponendo l’assurda idea di mettere un segno evidente ai cani cosiddetti pericolosi, per ottenere cosa poi? Che la gente si aggiri sospettosa e impaurita dai cani? Che di fronte ad un cane di media taglia, magari dal mantello nero ci si interroghi se quel cane che NON porta il segno non sia comunque pericoloso come il suo aspetto denuncia? Be’, consentitemi di dire che questo è già realtà, non ci vogliono né collari vistosi né chissà quali altri marchi si possano escogitare per creare diffidenza e paura, seppur infondata. E che dire dell’idea di Trenitalia? Cosa ci vuole di meglio perché i detrattori delle “bestie” annuiscano soddisfatti alla conferma di ciò che da sempre loro sostengono, e cioé che il cane è un animale sporco, infetto, e con lui il suo proprietario, uomo certo privo di un qualsiasi rispetto per l’igiene, sia della sua, di quella dei suoi figli e soprattutto di quella degli altri. Siamo in un paese che crede ancora che se il cane non può entrare in un locale pubblico questo dipenda da una normativa riguardante l’igiene e non al volere del gestore del locale, è un fattore culturale (anche se di culturale l’ignoranza ha ben poco) che spinge addirittura gli stessi proprietari di cani a storcere, alle volte, il naso nel vedere un cane accucciato sotto il tavolo di un ristorante, o all’idea che il cane possa tranquillamente frequentare con il suo compagno umano luoghi come i supermercati o i bar, luoghi dove cioé c’è del cibo.
Consentitemi lo sconforto che nasce dopo l’aver lavorato tanto sul concetto (e ci tengo a sottolineare “il concetto”, non il test in sé e per sé) di Buon Cittadino a 4 Zampe che aveva, e ancora ha, per quanto mi risulta, l’intento principale di diffondere cultura e aumentare l’integrazione del cane in società, non per un capriccio mio o di chi come e più di me ci ha messo il sangue in questo, non per dare appagamento ad un mio vezzo, ma nella consapevolezza del pieno diritto alla convivenza dell’uomo e del cane che si perpetra da millenni, da prima che nascessero le prime città, dall’alba della nostra specie… parole, parole…parole già dette, scritte, ripetute infinite volte, e con quale risultato? L’esito degli sforzi di tutti noi è lì da vedere, dietro le sbarre di un canile, in un camion traballante e sgangherato che notte tempo attravera la frontiera carico di creaturine spaventate e mezze morte destinate ai venditori senza scrupoli, è lì nelle fiere del cucciolo, nei negozi che vendono collari con le punte o elettrici… C’è sicuramente anche del buono, si sono anche fatti dei passi avanti, come negarlo, ma oggi, tra analisi del DNA per rintracciare quale cane abbia lasciato le deiezioni sul marciapiede, i divieti d’accesso, i collari identificativi, le liste di cani pericolosi, le polpette avvelenate, i cani abbandonati o maltrattati, eccetera, mi sia consentito di pormi il quesito se sia lecito o meno, a questo punto, provare del profondo sconforto…

Luca Spennacchio